ADOZIONE ED IL DIRITTO DI CONOSCERE LE PROPRIE ORIGINI

Il diritto di conoscere le proprie origini deve essere esteso alle sorelle

Corte di Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 6963 del 20 marzo 2018

Nel caso di specie, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato l’istanza, presentata dall’attore, di acquisizione delle generalità delle sue sorelle. A sostegno di tale richiesta l’attore aveva riferito che lui e le sorelle erano stati adottati da famiglie differenti e che aveva già presentato analoghe richieste, tuttavia ugualmente rigettate.

La normativa di riferimento prevede che, superato il venticinquesimo anno di età, l’adottato ha la possibilità di accedere

“alle informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici”.

Prima del compimento del venticinquesimo anno di età, l’accesso è permesso solamente nel caso in cui sussistano gravi e comprovati motivi attinenti alla salute psico-fisica dell’adottato.

Il diritto a conoscere le proprie origini rappresenta un’espressione essenziale del diritto all’identità personale. Lo sviluppo equilibrato della personalità individuale e relazionale si realizza soprattutto attraverso la costruzione della propria identità esteriore, di cui il nome e la discendenza giuridicamente rilevante e riconoscibile costituiscono elementi essenziali, e di quella interiore.

La Corte Europea dei diritti umani, con la sentenza del 25 settembre 2012 è intervenuta per chiarire la portata dell’art. 28, c.7, della l. n. 184 del 1983 affermando che:

“È necessario stabilire un equilibrio ed una proporzionalità tra gli interessi delle parti in causa e che l’esclusione di qualsiasi possibilità di conoscere le proprie origini, propria della legislazione italiana, a differenza di quella di altri paese, costituisce una violazione dell’art. 8 Cedu. Con la norma contestata, lo Stato italiano ha oltrepassato il margine di discrezionalità compatibile con la tutela dei diritti della persona garantito dalla Convenzione”.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 278 del 2013 ha condiviso la valutazione della Corte Europea dei diritti umani in ordine all’ingiustificata assolutezza del divieto di conoscere le proprie origini ha ritenuto che l’art. 28, comma 7, della l. n. 184 del 1983 contrasti con gli articoli 2 e 3 della Costituzione.

La procedimentalizzazione del bilanciamento di interessi è la modalità, costituzionalmente e convenzionalmente adeguata, al fine di attuare, anche in ipotesi differenti da quella disciplinata dall’art. 28, comma 7, l. n. 184 del 1983, il corretto bilanciamento di interessi tra l’adottato maggiore di età che vuole conoscere le proprie origini al fine di aggiungere una tessera di grande importanza al mosaico della propria identità.

Si deve precisare che, il diritto ad ottenere informazioni sui propri genitori biologici, ha carattere potestativo, salva l’eccezione prevista dal comma 7 dell’art. 28 sopra citato.

Il quinto comma dell’art. 28 dispone che:

“L’adottato, raggiunta l’età di 25 anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici”.

Ma quanto possono essere ampie tali informazioni?

Secondo un primo orientamento interpretativo si limitano ai dati dei genitori, secondo un secondo orientamento non si possono limitare solo all’identità dei genitori ma si devono estendere anche all’intero nucleo familiare.

La natura del diritto e la funzione di primario rilievo nella costruzione dell’identità personale inducono ad accogliere l’interpretazione estensiva della norma in esame.

In ogni caso può determinarsi una contrapposizione tra il diritto del richiedente a conoscere le proprie origini e quello delle sorelle e dei fratelli a voler rivelare la propria parentela biologica e a non voler mutare la costruzione della propria identità attraverso la conoscenza di informazioni che potrebbero incidere in maniera negativa sul loro equilibrio di vita.

Quindi, nei riguardi delle sorelle e dei fratelli deve ritenersi necessario procedere al bilanciamento degli interessi tra chi richiede di conoscere le proprie origini e chi può soddisfare tale richiesta.

Anche se per tali soggetti non sussiste un divieto espresso a far conoscere la propria identità, come quello che vige per la madre biologica che al momento del parto ha deciso di rimanere anonima, deve riconoscersi anche a tali soggetti il diritto ad essere interpellati in ordine all’accesso alle informazioni sulla propria identità.

Gli Ermellini, con la sentenza in commento hanno espresso il seguente principio di diritto:

“L’adottato ha diritto, nei casi di cui all’art. 28, c.5 l. n. 184 del 1983, di conoscere le proprie origini accedendo alle informazioni concernenti, non solo l’identità dei propri genitori biologici, ma anche quella delle sorelle e dei fratelli biologici adulti, previo interpello di questi ultimi mediante procedimento giurisprudenziale idoneo ad assicurare la massima riservatezza ed il massimo rispetto della dignità dei soggetti da interpellare, al fine di acquisirne il consenso all’accesso alle informazioni richieste o di constatarne il diniego, da ritenersi impeditivo dell’esercizio del diritto”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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